Tre mesi

“L’impianto idraulico?”

“E’ da rifare.”

“E l’impianto elettrico?”

“Come se non ci fosse. Abbiamo solo un filo che alimenta quella lampadina che vedi in mezzo alla sala.”

Francesca non si scompose. Aveva visto delle situazioni ben più disperate, e ne era sempre uscita con un gran successo di pubblico e critica.

“I soffitti a volta sono molto belli.” Luigi fece spallucce.

“Una volta erano tutti così…non capisco cos’abbiano di speciale.”

“La loro peculiarità è di non essere figli di quest’epoca. L’uomo è un animale strano: fa di tutto per superare il presente, e una volta passato, vuole riportarlo indietro.”

A quelle parole, Luigi s’irrigidì, voltandosi lentamente. Stava togliendo alcune ragnatele da una delle finestre a bocca di lupo che davano su via del Porto Fluviale. Nonostante fosse un uomo maturo, aveva ancora il fisico e i movimenti di chi si tiene costantemente in forma.

“Questo vale anche per le persone?”

“Le persone sono molto orgogliose.”

Uscirono su strada. Un misto di polvere e muffa esalò attraverso il battente in legno. I rumori del traffico li avvolsero senza tregua.

“Quanto ti fermerai a Roma?”

“Tre mesi, il tempo di ristrutturare il locale e lanciarne la gestione.”

“Niente di diverso dal solito, quindi.”

Francesca inclinò il capo, con un vezzo infantile, come se non fosse una donna di cinquant’anni. “Cosa ti aspettavi?”

“Nulla. Non mi aspetto più nulla da un pezzo, ormai.”

Passeggiarono verso il Ponte di Ferro. L’aria era tiepida, rinfrescata dall’umidità del fiume.

“Sono contenta che tu abbia deciso di affittarci il locale. Era da tempo che insistevo con i capi sul fatto di essere presenti anche a Roma.”

“Ai miei non interessava valorizzarlo, io ho idee differenti. Piuttosto, non trovi singolare aver scelto questo quartiere?”

“Non direi. Sono anni che l’Ostiense ha smesso di essere un centro industriale. Ormai è posto da movida, tale e quale a Testaccio. Con altri spazi.”

“Parli sempre di lavoro. Non intendevo quello.”  Erano sul percorso pedonale del ponte, affacciati sul Tevere. Luigi mirava il gazometro, pensieroso. Geometrico, perfetto ed imponente, il gazometro era tanto alto quanto defilato, al punto che già da Ponte Marconi non lo si riusciva a vedere, nascosto tra le anse del Tevere. Nell’area industriale era però un’istituzione, la dominava fiero.

Luigi la salutò dopo qualche minuto, incamminandosi verso il negozio di ferramenta che gestiva dalle parti di Portaportese. Era sempre stato un uomo solido, Luigi. Molto realismo, pochi sogni. E Francesca, vent’anni prima, aveva cercato il sogno.

Il cellulare iniziò a vibrarle dentro la borsa.

“Pronto, Francesca? Sono Angelo, dall’agenzia di viaggi. Le stavo riservando la prenotazione hotel per la sua trasferta romana.”

 “Sì. Può prenotarmi un albergo in zona Ostiense?”

“Certo. Non vuole andare al solito di via del Corso?”

“No, grazie. Preferisco restare vicina al posto dove lavoro.”

A chi voleva mentire? Si era trattenuta davanti a Luigi, ma ora poteva anche fare quel che desiderava, sin da principio.

Francesca riattraversò il Ponte di Ferro e prese la via del commercio, fino in fondo, fino al gazometro. Le sembrava ancor più bello di quanto ricordasse, più affascinante di quando, da bambina, lo associava soltanto al lavoro di suo padre, che era stato operaio per la Romana Gas. Le persone fanno di tutto per superare il presente e, una volta passato, anelano di riviverlo. Avrebbe rifatto la scelta di seguire Steve a New York, vent’anni prima?

Avrebbero dovuto illuminarlo, il gazometro, come avevano fatto per la Notte Bianca, qualche anno prima. Ma Roma non sembrava più città da notti bianche, bensì un agglomerato di agglomerati, con fila sempre più sottili a tenerli insieme. Aveva ragione Luigi, la scelta del suo locale non era stata casuale, né la spinta che aveva dato in azienda per avere il progetto in affido. Era stato un modo per tornare a Roma, per tre mesi.

Si lasciò il gazometro alle spalle, riprendendo via Ostiense. Non aveva programmi per la serata. Sarebbe potuta andare a trovare sua madre, ma aveva tre mesi per farlo. In effetti, aveva tre mesi per fare molte cose, anche per andare sulla tomba del padre, dove non era mai stata. Le persone fanno di tutto per superare il presente e, una volta passato, anelano di riviverlo. Perché era mancata alle sue esequie, recandosi a Parigi per un’inaugurazione?

Suo padre non c’era più, la Romana Gas non c’era più, ma il gazometro era ancora lì. Luigi non era più un ragazzo, ma era ancora lì. Steve invece se n’era andato da un pezzo, alla ricerca di una nuova avventura. Francesca non l’aveva però seguito, quella volta. Non aveva più avuto voglia di sognare. Portava avanti le sue attività, ma non aveva più la grinta e l’entusiasmo di una volta. Adesso aveva tre mesi, per capire.

Senza accorgersene arrivò a Portaportese, davanti al negozio di Luigi. Si affacciò, lentamente, sulla soglia. Luigi stava seguendo un cliente tra gli scaffali, ma la vide subito, senza proferir parola.

“Che ne dici se ce ne andiamo a mangiare in qualche locale a Trastevere? La sera non lavoro.” 

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