Era stata tutta colpa di Facebook. E di Antonella, quindi, ma questo non si poteva dire: i rapporti negli ultimi tempi erano diventati già piuttosto tesi senza il bisogno di mettere altra carne al fuoco. Il pensiero, però, faticava a toglierselo dalla testa, e lo rimandava fatalmente ad un anno prima, quando la fidanzata l’aveva convinto a iscriversi al famigerato social network.
“Ci sono tutti, è divertente!”, “E’ più facile mantenere i contatti e non perdersi di vista!”. Martino aveva tenuto duro per anni, ma alla fine era capitolato. Non c’era forse un motivo, se non vedeva più certe persone da tanti anni? Pur cercando di tenersi il più possibile lontano da Facebook, limitandosi a cliccare “Mi Piace” sugli aggiornamenti di Antonella, bastarono pochi giorni che Martino venne contattato da tutti i suoi ex-compagni di liceo. L’algoritmo glieli aveva suggeriti appena iscritto: chissà come faceva a saperlo, visto che non aveva neanche inserito il nome della sua vecchia scuola, il famoso Liceo Giulio Cesare nel cuore del Quartiere Trieste, quello frequentato e cantato da Antonello Venditti.
Cominciò Gigi, quello che chiamavano “Er Banana” per un naso che occupava metà del suo viso; poi venne Andrea, detto “Er Cicoria” per la passione che aveva nel coltivare e fumare certe piantine di origine orientale. A quel punto, gli era sembrato sgradevole far finta di niente, e aveva iniziato ad accettarli tutti. Soltanto Luca, il suo ex-compagno di banco, non si era fatto vivo, ma di lui aveva perso le tracce il giorno della pubblicazione dei risultati della maturità, pur avendo saputo che non si era trasferito fuori Roma.
La gestione di Facebook, in poco tempo, iniziò a sfuggirgli di mano. Come si sa, quando le vecchie comitive si ritrovano, il passo successivo è scontato, ovvero l’organizzazione di una serata-amarcord.
“Anto, io non ci vado…non ho mantenuto i rapporti con nessuno!”
“Perché rifiutare? E’ una bella occasione per ricordare i vecchi tempi.”
“E chi vuole ricordarli? Ero solo un sbarbatello sfigato che pensava a studiare e non veniva mai invitato alle feste.”
“E se venissi anch’io? In fondo li conosco tutti…” Antonella non era stata una sua compagna di scuola, ma era comunque di zona e aveva furoreggiato, negli anni Novanta, tutti i sabati pomeriggi a ballare al Piper. Dalle parti di Piazza Mincio tutti i coetanei la conoscevano, era stata la ragazza più popolare, passando da un flirt all’altro. Ai tempi dell’università aveva però deciso di mettere la testa a posto, quasi in una sorta di tacito accordo per il futuro con il padre ingegnere e dirigente di Finmeccanica, ed era stato proprio in quegli anni che si era innamorata e fidanzata con Martino.
Alla fine, ovviamente, andarono. La cena era stata organizzata in una di quelle pizzerie napoletane tutte uguali che si trovano in zona Tuscolana, all’altezza di via delle Cave. Antonella aveva scelto personalmente il locale: lei che avrebbe dovuto essere soltanto un’accompagnatrice, si era insediata all’istante nel comitato organizzatore. Era stato colpito dall’entusiasmo della sua fidanzata verso l’evento. Antonella era ancora una splendida donna nel fiore dei suoi trent’anni, ma ultimamente aveva pensato più alla sua carriera che ad altro: probabile che avesse covato quel desiderio di tornare, almeno per una sera, ai vecchi tempi.
Chissà se e quanto le mancavano, i vecchi tempi…Martino la ricordava così distante, all’epoca, come le ragazze in generale. Facevano parte di un mondo che non gli apparteneva: si conoscevano di vista, e poco più. Quel periodo gli pareva così remoto, ora che stavano traguardando i dieci anni di fidanzamento.
“Luca! Temevamo non venissi più!”
Luca era arrivato in giacca e cravatta, ben rasato e profumato. E in pesante ritardo. Un particolare che lo faceva sembrare lo stesso degli anni Novanta, quando scorrazzava pomeriggio e sera con lo scooter lungo viale Liegi. A differenza di Martino, nessuna stempiatura o accenno di pancetta.
“Scusate, ho avuto impegni di lavoro…Anto, non avrei mai potuto mancare questa serata!”
Si era seduto di fronte a loro due, in fondo alla tavolata, ma aveva rivolto dei cenni soltanto ad Antonella, ora ravvivata. Da quando era iniziata la serata, non aveva proferito parola, quasi non sembrava una delle persone che più avevano insistito per questa cena. Aveva solo pensato a come far sedere le persone a seconda dei rapporti. Martino mangiucchiava una zeppola, e li osservava incuriosito. Luca la chiamava “Anto”, come se non si vedessero dal giorno prima. La facile e rapida confidenzialità era una sua caratteristica, da sempre.
“Come ti vanno le cose, Anto?”
“Diciamo bene…si lavora molto. Papà mi fa sgobbare parecchio.” Nessun cenno al loro fidanzamento.
“Dai, non ti ci vedo nei panni della carrierista a tutti i costi…la Anto che ricordo sapeva godersi la vita. Ci credi che l’ultima volta che ci siamo visti è stato durante quella gita al Circeo?” Un sorriso tirato nacque sul volto di Antonella.
“Già, è passato così tanto tempo…Che lavoro fai?”
“Sono agente immobiliare, ho un ufficio a San Lorenzo.”
Loquace, simpatico, persuasivo e facilmente ondivago, Luca era sempre stato il prototipo dell’agente immobiliare. Martino glielo riconosceva, e vide nella sua ricomparsa un’opportunità sopita, quella di comprare finalmente casa e andare a convivere con Antonella. Era giunto il momento d’intervenire nella conversazione.
“Ma pensa, un agente immobiliare…che coincidenza, vero Anto?”
Antonella era avvampata in volto, tuttavia Martino non se ne curò molto. Tutti gli altri sapevano della loro lunga e duratura relazione, tanto da definirli “gli eterni fidanzatini”. Luca, finalmente, si era girato verso il suo ex-compagno di banco. Dopo averlo lungamente ignorato, adesso lo vedeva. Succedeva così anche a scuola, durante la ricreazione, quando Luca lo pressava sulla lezione di storia, filosofia o letteratura che avrebbe dovuto studiare. Non aveva mai amato la scuola, non aveva mai avuto interesse per le materie, per Luca erano esistiti i soli obiettivi della sufficienza e della promozione. Martino non gli aveva mai fatto pesare la sua natura, e l’aveva sempre aiutato volentieri.
Adesso era Antonella quella a tacere, imbarazzata, con lo sguardo che fissava il piatto. Luca era invece rimasto impassibile, e con disinvoltura era passato dalle domande personali alle questioni più strettamente legate alla sua professione.
“In che zona state cercando? Acquisto o affitto?”
“Vorremmo comprarla, Luca…ma nella nostra zona stanno tutte sopra al mezzo milione…non abbiamo tutti quei soldi.”
Antonella non commentava, taceva. Sarebbe spettato a lei versare i soldi per l’anticipo. I genitori di Martino erano impiegati statali che non si erano mai fatti mancare nulla nella vita. Lo stipendio del ragazzo era più che discreto, ma non poteva chiedere cifre esorbitanti di mutuo. Dopo aver completato qualche sopralluogo, da qualche mese si erano arenati. Lei non sembrava affatto convinta.
“Niente seminterrati, vero?” Il sorriso sprezzante di Luca aveva colto nel segno, captando l’esigenza di Martino di compiere quell’importante passo, e i dubbi di Antonella nello spostarsi dai Parioli.
“Luca, si tratta di una missione impossibile…finiremo con l’andare in affitto, lo sento…”
“In affitto proprio no!”, Antonella aveva reagito stizzita, “non sono altro che soldi buttati!”
“Anto, perché non pensi di cambiare zona?”
“Sono cresciuta nel Quartiere Trieste, mi trovo bene…perché dovrei cambiare? Qui ho le amiche, la palestra, i miei genitori, i miei negozi preferiti…”
“Perché non te lo puoi permettere e pur facendo uno sforzo finiresti col prenderti una casa piccola, vecchia, malmessa…senza spazi esterni o luminosità!” Era Luca, invece, ad essersi illuminato. Aveva l’atteggiamento di chi vuole redimere una vecchia amica che sta per prendere una colossale cantonata. L’alleanza di Luca parve sin da subito utilissima a Martino. Avere un parere terzo, per di più da un amico professionista del settore, poteva rivelarsi decisivo.
“Diciamola tutta: ormai ai Parioli come in tutto il Centro ci abitano solo i vecchi…vecchi quanto le palazzine! Ti fanno pagare la zona come se esistesse solo quella, ma non è così! Voi siete giovani, ragazzi, potete spostarvi e trovare una situazione moderna e nel verde! Martino, dove lavori?”
“Al tecnopolo tiburtino…anche Antonella.” Luca sbarrò gli occhi.
“E allora mi spiegate chi ve lo fa fare di continuare a vivere nel Quartiere Trieste? Fatevi consigliare da me, che ne ho viste tante. Ho la risposta che fa per voi, per le vostre esigenze di coppia e di professionisti. La risposta si chiama Bufalotta.”
I postumi della serata non furono una sbronza o un’indigestione da fritti, ma una serie di depliant illustrativi che Luca consegnò loro, recuperandoli dal portabagagli della sua automobile. Quella scena ricordò a Martino le numerose volte in cui Luca aveva coinvolto i compagni di classe in qualche serata, portando i volantini della discoteca. Martino non aveva mai partecipato a quegli eventi: passava tutto il suo tempo a studiare oppure davanti al PC, tanto che alcune volte in cui sarebbe stato interessato, gli altri si erano dimenticati di invitarlo.
“Non posso credere che andremo a vedere delle case alla Bufalotta!” Antonella ripeté questa frase per l’intera settimana a venire. Si chetò soltanto quando Martino la fece parlare al telefono con Luca.
Il sabato successivo, quindi, si ritrovarono tutti e tre nel cantiere del centro residenziale che, sulla carta, li aveva più interessati. Era situato dalle parti dove via della Bufalotta confluisce su via della Marcigliana, a ridosso della riserva naturale.
“Martino, vuoi portarmi ad abitare in mezzo alle pecore?” commentò acida Antonella.
“Cara, ma c’è il centro commerciale Porta di Roma a due passi! Il più grande d’Europa!” Martino fu talmente grato a Luca per quella pronta risposta, da sorvolare sul vezzeggiativo fin troppo intimo utilizzato dal loro amico. Fino a prova contraria, il fidanzato di Antonella era lui.
Il cantiere, al momento, era costituito da una piccola casupola prefabbricata bianca, l’ufficio vendite. Null’altro. Li accolse il costruttore in persona, un uomo di circa sessant’anni con la pancia in bella evidenza, i capelli radi e tinti di nero. Si scambiò un affettuoso abbraccio con Luca, e poi li fece accomodare. Sulla bacheca alle sue spalle aveva delle foto mondane che lo ritraevano in compagnia di noti palazzinari della Capitale.
“E’ vero, signori, il cantiere non è ancora partito. Questo perché noi essendo una società seria non ci permettiamo di costruire fino a quando non abbiamo ricevuto un numero sufficiente di prenotazioni. La quota è assai prossima, e se vorrete farci l’onore di partecipare al progetto, i tempi saranno maturi per la partenza. A quel punto, andrà calcolato un anno per la consegna dei villini.”
Il costruttore parlava con quella cadenza tipica del romano di Testaccio che prova ad essere “fino” ed elegante, riuscendo nell’intento opposto. Martino, però, non ci stava facendo per niente caso. Era troppo preso dall’utilizzo funzionale degli spazi, dalla domotica, dai pannelli solari…si stava appassionando a quel progetto quasi come l’avesse disegnato lui. Antonella, invece, aveva passato quasi tutto il tempo a chiacchierare con Luca, disinteressandosi dei disegni, delle tempistiche, delle scadenze per i pagamenti, di tutto. All’uscita Luca li accompagnò alla macchina.
“Allora, ragazzi…che ne pensate?”
Martino non volle lasciare nulla d’intentato. “Bel progetto, bel disegno, bei materiali…non resta che vederlo dal vivo!”
“Amico, fidati, i lavori stanno per iniziare…e una vostra prenotazione potrebbe essere la spinta finale.”
Antonella sembrava assorta. “Con quell’ampio salone potrei pure permettermi quella credenzina in decapè che ho visto alla Maison du Monde…”
“Certo, cara…ma ti dirò di più: le prenotazioni giunte sinora sono tutte di giovani coppie. Potrete fare amicizia, organizzare barbecue nei giardini, tutt’altro stile di vita rispetto ad un freddo condominio!”
Antonella fissò Martino, storse la bocca, accennò un sorriso forzato. Si girò verso Luca, che allargò le braccia come per dire “Cosa vuoi di più dalla vita!”, con un sorriso forse ironico, e poi citò il noto immobiliarista Roberto Carlino per convincerla definitivamente che sì, era quello il momento giusto per acquistare casa, e che la risalita del mattone era un evento ineluttabile.
Il padre di Antonella fu felicissimo di pagare l’anticipo, d’altronde Martino gli era sempre stato molto simpatico ed era contento che la figlia iniziasse a sistemarsi. Gli accordi erano che il fidanzato avrebbe acceso il mutuo per pagare la metà della casa.
L’amico Luca, l’ex-compagno di banco, si disse orgoglioso di aver trovato una soluzione per Martino e Antonella. Al momento della prenotazione, però, pretese la sua provvigione del 4%, pari a dodicimila euro. Tutto mentre non c’era ancora un singolo mattone posato su quel terreno. Martino gli era riconoscente per aver convinto Antonella, ma questa mossa non gli parve comunque elegante.
“Ragazzi, io ho le mie spese, devo far quadrare i conti, e comunque la mia parte di intermediatore l’ho svolta…”
“Ma non c’è stato neanche il compromesso!”
“Non ho detto certo che sparirò, Martino. Per voi ci sarò sempre.”
Martino non lo vide più. Passarono un paio di mesi, durante i quali convinse più volte Antonella ad andare in giro per mobilifici per farsi le prime idee su come arredare la loro futura casa. Lei sembrava scocciata, e scostante. Strano, rifletteva Martino, di solito le donne sono in prima fila a guardare vetrine. Il ragazzo convenne che poteva essere perché vedeva ancora lontana la fine dei lavori. Ogni tanto, rientrando da lavoro, dal GRA prendeva l’uscita 10bis per Bufalotta e andava a dare un’occhiata al cantiere. Effettivamente, dopo il tanto sospirato inizio, le cose procedevano ben a rilento.
Fu in quel periodo che gli capitò di risentire “Er Banana” al telefono.
“Ho saputo che Luca vi ha fatto prenotare un villino alla Bufalotta…tanti auguri! Spero vada tutto bene per voi!”, l’ironia si tagliava a fette.
“Che intendi?”
“Intendo che Luca non è mai stato un tipo affidabile. Anche ai tempi del liceo era in mezzo all’organizzazione di molti eventi, ma spesso prendevano una brutta piega. Ti ricordi quel che accadde al Capodanno del 2000?”
“No, che accadde?”
“Ah, tu non c’eri. Dovevamo andare in una villa a Grottaferrata, ma quando arrivammo c’erano già le transenne della polizia. Erano stati venduti più biglietti di quante persone potesse contenere la villa e la gente, trovandosi un buffet micragnoso, aveva iniziato a protestare e vandalizzare tutto. Passammo la nottata sull’Anagnina e Luca non riuscì neanche a farci rimborsare i soldi.”
Quella telefonata fu fatalmente premonitrice. Dopo che erano passati un altro paio di mesi d’inattività del cantiere, il costruttore bussò alla loro porta, chiedendo un surplus di soldi in nero per portare avanti i lavori. Ovviamente il prezzo ufficiale del villino non sarebbe cambiato, consentendogli di pagare meno tasse. Martino, memore della telefonata con “Er Banana”, iniziò a preoccuparsi seriamente, ma il padre di Antonella non batté ciglio e staccò nuovamente l’assegno. Quanto ad Antonella, fece spallucce: in quel periodo lavorava molto e finivano per vedersi soltanto il weekend per qualche pranzo o cena a casa dei rispettivi genitori.
Martino telefonò a Luca che prese le distanze dalla vicenda e dal costruttore che egli stesso aveva presentato loro. Lui non c’entrava nulla con la questione dei lavori, ma per esperienza li rassicurò che “fanno tutti così” e che “non c’era di che preoccuparsi”.
Fu allora che, dopo aver rimosso tutto per anni, iniziò a ricordare veramente i tempi del liceo. A dispetto della prolungata vicinanza, Luca e Martino non erano mai stati realmente amici. Anzi, se fosse stato per Martino, probabilmente non sarebbero neanche mai stati compagni di banco, ma Luca aveva sempre insistito, per evidente convenienza. Studiava poco, Luca, il suo tempo lo passava principalmente ad organizzare l’autogestione, a suonare la chitarra in una band, a corteggiare le belle ragazze. Chissà se c’era stato qualcosa anche con Antonella?
Altro tempo passò, senza novità. I lavori erano ancora fermi, si vedevano a malapena le fondamenta. Martino non lesinava delle visite presso la filiale di Luca, per parlarci di persona: non lo trovava mai, c’era sempre la segretaria che non sapeva, o non voleva, dargli risposte sul rientro dell’agente. Voleva dargli la chance di recuperare, di dimostrare che non era la solita persona che, una volta raggiunto il suo scopo, si disfaceva degli altri.
I sogni con Luca morivano all’alba, e fu così anche per il villino alla Bufalotta. Accadde quando lessero, sulle pagine della cronaca di Roma de “Il Messaggero”, di come il costruttore avesse in pratica dichiarato bancarotta. Avevano dato i soldi ad un’azienda in fallimento, e la casa dei sogni in mezzo al verde, la casa di classe energetica A+ pronta per i loro innumerevoli barbecue, non sarebbe mai esistita.
Ci furono momenti pesanti, con Antonella. Sebbene il padre fosse tranquillo per quel che era accaduto, lei soleva ricordargli tutte le sue responsabilità, di quanto avesse insistito per comprare casa, anche se lei non si sentiva affatto pronta e non era convinta della zona. Quando Martino provava a tirare in ballo le colpe di Luca, Antonella diveniva una furia. Luca aveva solo svolto il suo lavoro.
Su una cosa Luca aveva però avuto ragione: Martino conobbe molte altre giovani coppie. Le incontrò dall’avvocato, per far partire la causa per recuperare i soldi dati al costruttore. Lo accompagnava il padre di Antonella, non lei. Erano ormai settimane che non si vedevano, lei gli aveva comunicato tramite i genitori di aver bisogno di un periodo di pausa.
Sì, era stata tutta colpa di Facebook. Martino decise quindi di cancellare il suo account. Peccato che la pizza dell’anno prima aveva lasciato dei contatti alternativi aperti. “Er Banana” lo chiamò sul cellulare per invitarlo ad una nuova serata.
“Sai che ti dico? Mi farebbe bene una cena di svago! Quasi quasi lo dico anche ad Antonella…”
“No, lei ha già accettato. Mi ha chiamato ieri sera, ha prenotato anche per Luca.”